giovedì 31 ottobre 2013

La grande eredità per i giovani italiani di oggi.


di Sergio Di Cori Modigliani

Venti anni fa moriva Federico Fellini.
La solita Italia ipocrita -la Rai in testa- oggi, si esibisce con la sua consueta cinica trasformazione doppiogiochista nel celebrare un grandioso artista italiano che loro hanno scelto di uccidere.
Perchè così è stato.
Bando agli equivoci, Federico Fellini è morto di un malefico cancro cattivo che in poco tempo se l'è mangiato vivo. Ma Giulietta Masina, la fedele compagna di tutta la sua vita, non aveva alcun dubbio al riguardo "glie lo hanno fatto venire loro, che siano maledetti tutti per l'eternità", così parlava dei dirigenti della Rai e dei produttori italiani degli inizi anni'90 quando l'Italia, ormai, aveva imboccato la strada che l'avrebbe portata a diventare ciò che oggi è.
Perchè negli ultimi anni della sua esistenza, gli avevano fatto il vuoto intorno. I comunisti non gli perdonavano il fatto che si era sempre rifiutato di schierarsi con loro. I fascisti non gli perdonavano il fatto che avesse descritto l'antropologia della borghesia italiana come un composto di becerume, mascalzonaggine e codardia esistenziale e la Chiesa, infine, non gli perdonava il fatto che li avesse dileggiati mostrando i vertici gerarchici come una banda di finanzieri edonisti e avidi (nella celeberrima sequenza del film "Roma" in cui racconta visivamente la sfilata di moda degli opulenti cardinali che spendono cifre vertiginose per acquistare mantelline di lussuoso ermellino); anche i radicali non gli perdonavano il fatto che si fosse rifiutato di appoggiarli. Pannella aveva fatto carte false per portarselo dalla sua parte, costringendo Leonardo Sciascia a raccomandarlo. Alla fine, Fellini -che non ne poteva più- telefonò a Pannella e gli disse: "Senta Pannella, che cosa se ne fa lei di un artista? A me non interessano proprio le sue cialtronerie da basso impero, abbia pazienza, che cosa vuole da me?". Detestava tutti i politici.
E' l'unico artista italiano, negli ultimi 100 anni, che si è rifiutato (e ci è riuscito) di mettersi al servizio di un potente, di un partito, di un raggruppamento, sostenendo questo o quello.
E' stato il regista più premiato e riconosciuto al mondo nell'intera Storia del cinema, l'unico ad aver vinto ben cinque premi Oscar insieme alla palma d'oro a Cannes e Venezia nello stesso anno.  Ha vinto tutto ciò che si poteva vincere, ed è tuttora considerato un grande maestro di questa bellissima arte cinetica.
Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a fare anticamera nei corridoi della Rai e in quelli della Pentafilm di Berlusconi. Nessuno voleva più finanziarlo. "Il cinema italiano e il gusto del pubblico sono cambiati" gli dicevano.
Si è visto.
Ce ne siamo accorti.
Nel 1992, quando era già malato, la moglie telefonò al più famoso produttore cinematografico italiano, Dino de Laurentiis, che si era trasferito da molti anni a Los Angeles. Erano sempre stati molto amici, gli aveva prodotto quattro film. "Dino, Federico sta morendo, ha ormai poco tempo da vivere" gli disse. Gli chiese, implorandolo, di spendere tutte le sue conoscenze e il suo potere per fargli avere il premio alla carriera organizzandogli una grande festa a Hollywood "per farlo morire bene, perchè senta che non è stato dimenticato, qui in Italia nessuno gli rivolge più la parola". In quegli anni, infatti, nessuno osava neppure intervistarlo in seguito a una sua precisa posizione riguardo la televisione italiana che aveva attaccato frontalmente, sostenendo che avrebbe distrutto l'industria cinematografica nazionale.
E su di lui, l'intera classe dirigente politica -nessuno escluso- aveva imposto la stesura del silenzio.
Ho avuto occasione di conoscerlo proprio in quell'occasione, a Hollywood, nella primavera del 1993, dove lavoravo come corrispondente per i quotidiani italiani e mi occupavo di cinema, quando era venuto a ritirare il premio. De Laurentiis, infatti, era riuscito a convincere gli americani a darglielo.
Era molto provato, stanco, si capiva che era molto malato.
E' stata la conferenza stampa più strana e indimenticabile alla quale abbia mai partecipato.
Giulietta Masina non faceva che piangere. De Laurentiis si dava dei pugni sulla testa dicendo di continuo "è tutta colpa mia". mentre Fellini cercava di calmarlo. A un certo punto, prima che noi giornalisti cominciassimo a fare delle domande, si erano aperte le porte e alla spicciolata, uno per uno, a sorpresa, entrarono tutte le grandi star del cinema che il suo amico aveva convinto a venire per omaggiarlo. Ciascuno portava un regalo, impacchettato in maniera eclatante, con colori luccicanti, fiocchi di raso, brillantini, come se fosse Natale, un'americanata insomma: ciò che Fellini adorava.
I giornalisti americani approfittarono per fare delle domande a loro. Ricordo che Spielberg, rispondendo alla domanda se lo considerasse un regista importante, rispose che "forse potrei fare il cameriere a casa sua, io sono soltanto un professionista americano che ha avuto successo, tutto qui, Fellini è qualcosa che va al di là, o uno lo capisce oppure non lo capisce, nei miei film non c'è niente da capire". Fellini era entusiasta di quella improvvisata, si divertiva a spacchettare i regali abbracciando tutti. Quello che gli piacque di più fu quello che gli portarono Robert Redford e Paul Newman: un paio di stivali da cowboy che Redford aveva indossato nel film "Butch Cassidy" un western cult della metà degli anni'60 che Fellini aveva molto amato. Insistè per infilarli subito e non se li tolse per tutta la sera. C'era un numero talmente grande di star che nessun giornalista osò neppure fare una domanda. Stavamo tutti lì in silenzio ad ascoltare Fellini che parlava con questi attori, registi, produttori, come se non ci fosse nessun altro.
Una settimana dopo, quando era già ritornato in Italia, la CBS mandò in onda una intervista in esclusiva che Fellini aveva rilasciato a una famosa giornalista americana, della durata di un'ora e mezzo. Ebbe un tale successo che venne acquistata da circa 1500 canali televisivi e poi mandata in onda nei giorni successivi. A Los Angeles e New York due cinema, per un mese e mezzo di seguito, proiettarono tutti i suoi film.
Ricordo che allora si parlava soltanto della Bella Italia, della capacità immaginifica di questo popolo, ma soprattutto della consapevolezza degli artisti italiani nell'essere in grado di saper sempre raccontare se stessi -e l'intera società- con una profondità leggera davvero ipnotizzante. Il made in Italy ebbe una gigantesca spinta da questo evento. Fellini raccontò diversi episodi della sua carriera e della vita italiana, spiegando che la grandezza dell'Italia dal punto di vista artistico e culturale era arrivata al suo zenit e si era inceppata "noi italiani siamo arrivati al limite della nostra frontiera, ma temo che il paese non sarà in grado di oltrepassare quella linea e sceglierà invece di ritornare indietro, già se ne vedono i segni allarmanti".
Questa mattina mi sono svegliato e ho pensato che tutti gli italiani che hanno meno di 40 anni non sono mai andati al cinema a vedere un film di Fellini appena uscito.
Non sanno, quindi, che cosa volesse dire.
Se qualcuno mi chiedesse di sceglierne uno tra tutti, da vedere subito, suggerirei "Fellini 8 e 1/2" il suo nono film, quello che giustamente è considerato all'unanimità la sua prova migliore.
Era un'Italia in cui gli scrittori e i registi e gli intellettuali si interrogavano su se stessi e sulle relazioni d'amore, di amicizia, sulla qualità della vita, riuscendo sempre a scandagliare il vero nocciolo del problema.
Era un'Italia soprattutto viva, non ancora soggetta al pizzo della politica, quando gli italiani erano ancora curiosi.
Riappropriarsi della sua eredità visiva narrativa mi sembra sia il modo migliore per cominciare a ritrovare quel gusto spericolato nell'andare a cercare il bandolo della matassa.
Alla ricerca del Senso esistenziale dell'essere italiani, al di là delle solite chiacchiere ormai consunte su tutto ciò di noi, che sappiamo, che conosciamo, che vediamo ogni giorno.
E' necessario andare al di là.
Come nella scena iniziale di "Fellini 8 e 1/2" quando il protagonista (Marcello Mastroianni) si trova imprigionato dentro un'automobile, incastrata in un ingorgo, ed esce dal finestrino tirato per i piedi da una lunghissima corda infinita.
E lieve come un palloncino si libra nell'aria e si perde tra le nuvole.
Per ritornare a credere che si possa davvero, ancora oggi, riuscire a volare.
Un tempo lo facevamo.
Vuol dire che è possibile farlo di nuovo.

In memoriam

mercoledì 30 ottobre 2013

Ciò che hanno detto oggi su ciò che sta accadendo.

Sergio Di Cori Modigliani

Mini rassegna stampa su dichiarazioni ufficiali nella giornata di oggi:

Fabrizio Saccomanni, Ministro dell'economia: "L'attività economica si é finalmente stabilizzata, avviandosi verso una graduale ripresa e vediamo la luce in fondo al tunnel, a conferma del trend economico nel nostro paese....la contrazione del Pil nel 2013 risulta pari all'1,8% (a fronte del -1,7% stimato nel Def) ma per il 2014  si confermano le prospettive di ripresa dell'attività economica dato che il Pil registrerà una crescità dell'1,1%. La crescita del prodotto interno lordo si porterà su livelli ancora superiori visto che raggiungeremo il 2% nel 2017".

Mario Draghi, Presidente BCE: "La recessione è ufficialmente conclusa nella zona euro, con l'unica eccezione dell'Italia che soffre ancora, e sia quest'anno che il prossimo -a meno che non intervengano subito delle eccezionali e subitanee manovre- l'Italia segnerà, unico paese in Europa, un netto rallentamento e arretramento, in contro tendenza rispetto alla ripresa".


Enrico Letta, Presidente del Consiglio: "Le chiare parole di Saccomanni ispirano fiducia e ci confermano che siamo sulla buona strada. Il governo, grazie al proprio ottimo lavoro, è stato in grado di portare il paese definitivamente fuori dalle sacche della recessione. La ripresa è ormai a portata di mano. I numeri ci confortano e ci danno ragione".


Christine Lagarde, Segretaria Fondo Monetario Internazionale: "Confermiamo con viva preoccupazione lo stato negativo dell'economia in Italia che segnala un ulteriore arretramento e anche per il 2014 -quantomeno per i primi sei mesi- indica una diminuzione del pil, un peggioramento dei conti pubblici, e una situazione di allarmante stagnazione".

Sul Corriere della Sera di oggi il giornalista Fabrizio Massaro ci informa che la Guardia di Finanza ha sequestrato 45 milioni di euro da conti privati illeciti di tutti i dirigenti del Monte dei Paschi di Siena, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare la provenienza di quei fondi. Dice Massaro: "Sarebbe di oltre 45 milioni il tesoro della presunta «banda del 5%» che operava dentro Mps, frutto delle operazioni finanziarie realizzate dall'area finanza guidata da Gianluca Baldassarri. La «banda» avrebbe messo in atto «operazioni di trading realizzate fraudolentemente con il broker Enigma» che avrebbe retrocesso ad alcuni manager e funzionari della banca parte delle commissioni incassate.



Ma, secondo fonti investigative, oltre ad Enigma potrebbero esserci anche altri intermediari coinvolti nella presunta truffa: alla sola Enigma la banca senese ha pagato in totale 6,6 milioni di commissioni, di cui 5,9 milioni nel biennio 2008-2009. Dunque la domanda degli inquirenti è: da dove arrivavano gli altri milioni di euro nei conti degli indagati? Il sospetto è che ci siano altre strutture simili ad Enigma cui Baldassarri e gli altri dirigenti dell'area Finanza si sarebbero appoggiati, come per esempio la svizzera Lutifin (su cui è in corso un'inchiesta a Milano)"

Senatore Renato Schifani: "Con il voto palese al Senato, è suonata a morto la democrazia parlamentare che non esiste più. Hanno cambiato il regolamento per interpretarlo a uso e consumo del PD e colpire con assoluta certezza Silvio Berlusconi, uno statista, un grande leader politico, innocente e perseguitato. Sui libri di Storia verrà raccontata l'intera vicenda. La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze. Daremo risposte concrete con il massimo della determinazione".

Beppe Grillo, leader M5s: "La decadenza di Berlusconi sarà decisa con il voto palese come ha richiesto fin dal primo giorno il MoVimento 5 Stelle. La trasparenza è la nostra stella che illumina il buio e oggi si è accesa. L'incessante lavoro del M5S e gli ultimi due giorni di fiato sul collo in Parlamento sono serviti".

Senatore Silvio Berlusconi: "Se Letta volesse, avrebbe, ancora oggi, un'autostrada per risolvere il problema: basterebbe far approvare una norma interpretativa di una riga, in una pagina specifica, che chiarisca la irretroattività e la non applicabilità della Legge Severino. Letta dica sì o no. Il futuro del governo dipende da questo".

Ingegnere Carlo De Benedetti: "Se i capitani coraggiosi sono Colannino e Tronchetti Provera, allora io preferisco le partecipazioni statali. Sono entrambi delle persone dotate di strategie industriali pari a zero assoluto. Colannino ha utilizzato la cassa dell'Olivertti dando inizio alla distruzione di Telecom. Tale distruzione è stata conseguita con grande intensità e incapacità totale da parte di Tronchetti Provera".

Ingegnere Marco Tronchetti Provera: "Se De Benedetti vuole contestare qualcosa sono a disposizione per eventuali sue rettifiche. Mi confronto sui fatti non sugli insulti. La storia delle persone e delle aziende si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli. Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso i luoghi comuni e gli slogan potrei dire con tranquillità che l'ingegnere De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti, per lo scandalo legato alla vendita di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro la vicenda di Tangentopoli. Invece non lo faccio, perchè sarebbe sbagliato. Questo paese ha bisogno di altro".

La Procura generale di Taranto chiude l'inchiesta sull'Ilva e manda a giudizio 53 personalità politiche e imprenditoriali, tra cui il Presidente della Regione Puglia.
Dice Nichi Vendola: "In questo momento di grave turbamento ci tengo a precisare che nessuna ombra grava, e a nessun titolo, sull'amministrazione regionale in relazione alla questione dell'Ilva. Sono sereno".

Il senatore del PDL, Maurizio Gasparri, alla trasmissione su La7 "L'aria che tira" confessa, con candore, che è stata violata la Costituzione, che il PDL e il PD insieme hanno fatto un golpe e hanno "eletto" come capo del governo Giorgio Napolitano. Una vera chicca d'annata per ogni democratico.

Per farvi rinfrancare lo spirito e riderci su, vi propongo un video pubblicitario (in Usa è diventato un must to see) che reclamizza un'azienda californiana che produce cioccolatini.

http://vitaminl.tv/video/179?ref=rcm Si chiama: "why men should always carry chocolate" (perchè gli uomini dovrebbero sempre portarsi appresso dei cioccolatini).

Buona giornata a tutti, dopotutto siamo in Italia.















martedì 29 ottobre 2013

Incastrati tra Re Midia e Sant'Oro, gli italiani vagano nella nebbia mediatica. Intanto c'è chi sta rivoluzionando l'informazione e il giornalismo investigativo. E' un iraniano.




di Sergio Di Cori Modigliani


E' probabile che tra qualche anno, quando questo periodo delirante sarà passato, gli storici, i sociologi, gli antropologi, studieranno, analizzeranno, disosseranno ogni singolo aspetto della nostra vita quotidiana per ricavarne una logica consequenziale e comprenderne la tessitura. Il momento che stiamo vivendo, infatti, è davvero di interesse estremo, unico nel suo genere. A noi -che ci siamo immersi dentro- non è possibile osservare ciò che accade con la spaesata avidità del ricercatore distaccato. Chi ha un minimo di sensibilità, di decoro civico e un quantum di strumentazione adeguata, vive questa fase -giustamente- come una vera e propria tragedia.
Quantomeno, me lo auguro.
Non so proprio se, in un prossimo futuro (che mi auguro molto prossimo) l'Italia avrà attraversato la più furibonda trasformazione strutturale della propria Storia, una vera e propria rivoluzione e quindi sarà più matura, oppure, invece, sarà precipitata, uscendo dal nòvero delle nazioni evolute e civili, diventando niente di più che una grandiosa meta del turismo di massa. 
Una cosa è certa: per definizione, una situazione estrema presuppone un esito estremo.

Nel 1935, ben tredici anni dopo la sua comparsa sulla scena politica italiana, il fascismo entrò in una fase successiva, mostrando tutta la sua fisionomia autoritaria, cambiando passo e spingendo la morigerata e conservatrice Italia verso una nazione estremizzata. I più lucidi interpreti della realtà, in quel momento, si resero conto che si era andati a finire in quella zona di non ritorno che avrebbe portato, inevitabilmente (dato lo scenario dell'epoca) a una guerra. Come, infatti, si verificò.

Oggi, a mio avviso, ci troviamo in una situazione molto simile, nel senso che è un momento di trasformazione.
La prima fase si è conclusa.
Nel 2010, infatti, l'Italia era molto ma molto diversa: distratta, narcotizzata, cinica, indifferente.
Poi, nella primavera del 2011, ci furono i quattro referendum, che coincisero con la crisi finanziaria dell'euro e gli italiani a poco a poco cominciarono a informarsi, a divulgare, a scambiarsi notizie, umori, idee. All'improvviso sembrò che avessero voglia di sapere come stavano le cose. E lì cominciò la denuncia della corruttela, degli sprechi, degli abusi, dei furti, dei ladrocini, delle espoliazioni, delle appropriazioni indebite, degli inconcepibili (e insospettabili) privilegi di una piccola oligarchia ai danni della stragrande maggioranza della popolazione.
Nessun paese d'Europa sarebbe stato in grado di reggere l'urto e di alchemizzare la valanga che si era abbattuta -in termini di informazione e di comunicazione- sul potere esecutivo, sul management che gestiva la politica,  sull'intera classe dirigente, istituzionale, imprenditoriale, sindacale, amministrativa, aziendale, partitica, religiosa. Nessuno escluso. Tutti sono stati coinvolti, stravolti, chiamati in causa. Perfino la Chiesa Cattolica di Roma, la più antica istituzione politica del continente europeo, ha traballato sotto i colpi. E ha reagito come sappiamo.
Quella fase si è conclusa.

Oggi, denunciare è inutile. Non ha più alcun Senso.
Appunto.
La seconda fase -quella dentro la quale ci troviamo- ha avuto inizio con le elezioni del 23 febbraio 2013. I risultati elettorali parlavano con estrema chiarezza. Berlusconi era stato battuto e sfiduciato dagli italiani che avevano scelto di credere in lui: 6 milioni di voti in meno, -48,5% del suo elettorato. Bersani e l'intero management del PD era stato battuto avendo perso 3,5 milioni di elettori e circa il 30% del suo elettorato. Il popolo protestatario del nord aveva eliminato la Lega che dall'8,5% passava al 3,8% perdendo il 53% dei voti. Vendola che era accreditato di un 8% ne otteneva 3,9%. Fini era fuori dal parlamento, Casini anche, rientrato dalla finestra. L'esito elettorale era chiaro: il paese non li voleva più. 
Poi, è andata come tutti sanno ed è inutile fare un ovvio resoconto.

Si è aperta, dunque, una seconda fase.
La classe dirigente al potere ha "sentito" l'esito elettorale. Ha capito che cosa il paese stava dicendo loro e ha scelto e deciso di ignorare quella voce e di dare un forte impulso alla regressione del paese. Ritornare indietro.
Il primo atto è stato l'elezione di Napolitano.
Non potendo nè sapendo come far fronte a questa situazione, hanno accelerato il meccanismo di dissoluzione della realtà per tentare l'unica strada per loro percorribile: sottrarre definitivamente -e per sempre- al paese, alla cittadinanza, a tutte le persone il Valore del Senso, svuotando di contenuti i significati, lanciando in maniera massiva e massiccia un programma berlusconiano di comunicazione basato sul concetto base di marketing pubblicitario: il nominalismo mescolato alla falsificazione dell'oggettività.
E così Enrico Letta lancia il "governo del fare", figlio ingrato del "decreto salva-Italia" montiano. Il suo governo ha fatto poco o nulla ma nel frattempo si introduce nelle menti l'idea che "fa".
Contemporaneamente, PDL e PD danno inizio a una proliferazione di dati casuali, notizie prive di fondamento, cifre non suffragate da documentazione, alterazione totale della realtà al punto tale da sostenere eventi mai verificatisi. Basta citarne uno: 20 maggio 2013 quando il premier torna da Bruxelles e la stampa (all'unisono) sottolinea "La grande vittoria di Letta in Europa". Quale? Da quel momento in poi scatta una campagna mediatica sottile, continua, quotidiana, sciorinando grafici, numeri, calcoli, leggi, leggine, senza nessun riferimento a eventi reali, immediati, effettivi. Le falsità e le bugie si assommano creando un quadro davvero sconcertante, perchè spinge -inesorabilmente- chi si occupa di attualità (e deve riferire le notizie) a essere noioso e ripetitivo per spiegare che "non è vero niente". 
E poco a poco, rispuntano Veltroni, Casini, Fini, che ritornano a essere intervistati e ascoltati.

Qui di seguito propongo alla vostra attenzione (so che andate matti per i link) un video che consiglio di guardare e studiare con la dovuta attenzione. Personalmente, se dice il vero, lo considero un documento molto interessante che segnala la trasformazione robotica dei giovani italiani e afferma in Italia la genesi degli "schiavi totali digitali al servizio dei partiti".
Ecco il link:

http://www.youtube.com/watch?v=FbXpBPK8IHQ

Questo video (dura 4 minuti) non è una novità, non è neppure uno scoop, questo è il bello.
Racconta come vengono gestiti i troll della rete (a loro insaputa). Mostra decine di giovani che raccontano come al mattino si rechino a Via del Nazareno, nella sede centrale della direzione del PD, al secondo piano, e tutto il giorno -come in un macabro call center del sud est asiatico- se ne stiano seduti a un tavolo davanti a un computer per diffondere in rete il programma del PD. Lo stesso identico programma che non è stato mai nè diffuso nè spiegato nè proposto a nessun italiano.
Personalmente la trovo una documentazione antropologicamente interessante.
A conferma della inutilità di seguitare a denunciare, in rete, le malversazioni di questa classe dirigente. Qualunque cosa ormai si dica, è pronto un meccanismo ad orologeria il cui fine consiste nel diffondere bugie e falsità per vanificare ogni tentativo di far ragionare le persone. 
Il PDL e il PD -hanno lo stesso identico comportamento e applicano lo stesso identico format- assumono decine e decine di poveri giovani disperati, alcuni pagati una miseria, altri ancora neppure pagati perchè sono in lista nella sezione "clientele garantite" sotto la dizione bravi compagni (per il PD) e combattenti per la libertà (per il PDL). 
Oggi, ad esempio, una valanga di messaggi in rete sono stati diffusi con pignola diligenza originati da un lancio di agenzia proveniente dall'Istat "la recessione è finita, nell'ultimo trimestre il pil dell'Italia sarà di nuovo in positivo". E' esattamente l'opposto di ciò che sostiene il Fondo Monetario Internazionale, la BCE, l'OCSE, la Banca Mondiale, la Commissione Europea.
Ciò che conta è l'affermazione del "nominalismo", ovvero l'applicazione in rete del principio marketing che sostituisce il nominalismo all'evento reale, la sostituzione dell'apparenza alla sostanza, la visibilità al contenuto. Sta al concetto di notizia come le serate di Arcore stanno alla vorticosa passione erotica sentimentale. 
Denunciare, oramai, diventa quindi, a mio avviso, inutile.
Così come non ha più Senso firmare petizioni online, che servono soltanto a far pensare alla gente di essersi trasformati in rivoluzionari: si pigia un tasto e ci si sente contenti di aver cambiato la Storia del mondo.
E' necessario cambiare, quindi, modello di comunicazione e di attività. 
Lo dico anche a me stesso.
Passare, pertanto, dalla denuncia del malaffare -di solito accompagnata dalla indignata protesta tanto per vedere quanti mi piace si ottengono-  alla fase in cui si comincia a discutere, elaborare, argomentare, proporre le piattaforme del mondo come uno vorrebbe che fosse, sottraendosi alle discussioni provocate dai talk show, mettendosi in gioco con la propria immaginazione, la propria fantasia, la propria libido. Certo non è una buona notizia per i complottisti, per gli amanti di vi dico io quello che nessuno vi dice, per la serie so io cose che nessuno sa, ecc. 
Dobbiamo ricostruire in forme nuove l'humus necessario per generare un nuovo sistema di proliferazione dell'immaginario collettivo che si situi al di fuori del quadro virtuale dell'esistenza pilotata dalla dirigenza politica italiana. Pena la evaporazione delle nostre menti.

Anche nelle altre nazioni civili d'occidente il potere costituito vive la vita robotica che trasforma la cittadinanza da attività Sensata in gioco virtuale controllato dai partiti.
Ma nelle nazioni evolute esiste il capitalismo, esistono imprenditori, esistono soggetti che elaborano anche iniziative forti di contrasto e puntano sulle novità basandosi sull'idea che "il mercato va creato" e "nuove forme di comunicazione si realizzano quando uno le realizza", tautologia che in Italia, invece, dovrebbe essere la base per ingegnarsi verso nuove e più evolute modalità di condivisione della "comunicazione dotata di Senso". 
E' un lusso che noi, nel medioevo italiano, non possiamo permetterci.
Qui sono pochi gli imprenditori coraggiosi e innovativi.
Ecco che cosa sta per nascere in quel di Usa/Gran Bretagna/Olanda/Danimarca.
Sul nome della testata, per il momento, vige un forte riserbo.
Ma sembra che si affermerà come titolo il termine "exposè" che in inglese significa "notizie frutto della attività di giornalismo investigativo e di ricerca il cui fine consiste nell'esporre al pubblico la realtà nascosta degli avvenimenti che il potere occulta, cela, e vuole mantenere clandestino".
E' nato tutto in seguito alla vicenda di Snowden.
Ecco la storia che non credo in Italia sia stata ancora raccontata.
L'idea è venuta a un certo Glenn Greenwald, un giornalista free lance statunitense che aveva lavorato per diverso tempo per un sito on-line che si chiama "salon". Poi, visto che il giovanotto era un tipo sveglio, sapeva scrivere e soprattutto sapeva come fare del buon giornalismo, nel febbraio del 2012 inizia una collaborazione per il prestigioso quotidiano britannico The Guardian e infine nella primavera di quell'anno si trasferisce a Londra e inizia a scrivere per quella testata. Qualche mese dopo, quando Edgard Snowden si trova a Hong Kong, nascosto, dopo aver reso pubblica la vicenda, oggi a tutti nota come Datagate, accade l'evento clou della sua esistenza. Grazie alla documentazione in suo possesso, Snowden (è la parte, diciamo, nera dei suoi file) ha un voluminoso elenco di tutti i giornalisti statunitensi attivi considerati "scomodi, pericolosi, bravi, non corrompibili". Tra tutti questi sceglie Greenwald, sa di avere la CIA alle costole e sa anche che la sua vita dipende dalle informazioni di cui lui è in possesso e deve metterle in un posto sicuro -e pubblico- prima che lo becchino. E così, un pomeriggio, nella sede del Guardian a Londra, mentre Greenway sta facendo la riunione quotidiana di redazione, arriva una ragazzina giapponese che chiede di lui. La giovane entra nel suo ufficio e pretende di parlare soltanto con lui, specificando che ha un messaggio da parte di Snowden. Greenway, che non l'ha mai vista e non ha la minima idea di chi possa essere le dice "se vuole parlare con me, lo fa in presenza del mio direttore e del capo-redattore". La ragazza accetta. Escono tutti dalla stanza e rimangono in tre più la ragazza.
La giovane, che non sa nulla di nulla, tira fuori dalla tasca una pennetta.
"Questa è da parte di Snowden, mi ha detto di consegnarla soltanto a lei".
Poi se ne va.
Quando, poche ore più tardi, all'aereoporto di Hong Kong lo fermano, lui dichiarerà "io non ho nulla, la pennetta ce l'ha Greenway, a Londra".
Contemporaneamente arriva l'intelligence britannica nell'ufficio londinese ma dopo tre ore di burrascosa riunione se ne vanno con la coda tra le gambe.
E così, parte la storia.
Nell'ambiente del giornalismo investigativo di lingua inglese scatta una fibrillazione eccezionale. Riunioni e riunioni che danno vita a una idea sensazionale: mettere su il più grande sito on-line sul pianeta di denuncia quotidiana delle attività truffaldine dell'intero management politico del globo, suddiviso per continenti, settori, paesi. Convincono alcune persone a dar loro una mano,. Vanno a caccia di finanziamenti. Trovano un inglese e un olandese disposti a metterci dei soldi ma "a condizione di imbarcare qualche imprenditore solido statunitense, molto noto, come curriculum e come biografia". Lo trovano. Si incontrano.
E così, quindici giorni fa (ed è il motivo per cui è stato reso pubblico il datagate) in California viene dato l'annuncio. In una nutrita conferenza stampa nel salone del Four Seasons Hotel di Newport Beach, compare un iraniano, Pierre Omidyar, divenuto cittadino statunitense, considerato da tutti il più geniale esperto di strategie in rete in occidente, l'uomo che ha inventato e-bay, che ha cacciato i primi soldi per Zuckerberg quando nessuno gli dava retta, perchè ha trovato facebook un "marchingegno che avrà successo" (ci ha guadagnato 2 miliardi di dollari) e che ha dato a Jeff Bezos la dritta (ben remunerata) di lanciare la piattaforma Amazon. Costui, notoriamente, ha un suo pallino: "promuovere la trasparenza e bastonare i marpioni coinvolgendo direttamente l'opinione pubblica". Ha spiegato quindi di aver costituito la società, con tre soci europei, per lanciare quello che lui ha definito "sarà il più grande sito al mondo che si occuperà esclusivamente di tutto il marcio che esiste e di cui non viene raccontato nulla alla cittadinanza. Ebbene lo faremo noi". Ha raccolto la crema del giornalismo investigativo di lingua inglese. Ha preso due del Washington Post, tre del New York Times, uno del Chicago Tribune, uno di Rolling Stone, e poi cinque britannici, due australiani, tre canadesi. Glenn Greenwald è il direttore editoriale. Omidyar, in persona, diventa il direttore responsabile "se qualcuno osa romperci i coglioni, me la vedo io con loro". Ha assunto i cinque più prestigiosi hacker sul mercato per costruire un inattaccabile inaccessibile firewall. "Ho deciso e scelto di crederci" ha dichiarato "è la mia grande ambizione. Il mondo sta cambiando e dobbiamo andare verso il futuro. Non costruiranno il Nuovo Ordine Mondiale senza tener conto della volontà e desideri della cittadinanza globale planetaria. E' un rischio grosso, lo so. Ma i soldi servono a questo, sennò che gusto c'è a farli?".
Ha messo a disposizione 250 milioni di dollari perchè -per principio- gli stipendi saranno molto alti. Dopo due mesi dalla nascita (prevista per marzo 2014) inizieranno le diverse piattaforme in altre lingue con redazioni locali in Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Portogallo, Svezia. E poi, se va bene, in seconda battuta arriverà anche l'Italia.
Sa che può non funzionare e perderà i suoi soldi.
Ma l'uomo è ambizioso.
Le sue previsioni? "Puntiamo ad avere tra i 100 e i 200 milioni di utenti al giorno entro il primo anno, ma puntiamo ad averne almeno 1 miliardo entro il biennio".

Niente male come obiettivo. Tanto per cominciare.

Questo accade nel mondo.

Secondo voi esiste in Italia un imprenditore capace di avere una visione simile e mettere a disposizione risorse per una nuova comunicazione? Per fare dell'informazione reale?

Ne vedremo delle belle.

Ci sarà davvero da divertirsi.

Mi fa sentire ottimista.




lunedì 28 ottobre 2013

Una passeggiata nella zona selvaggia dell'esistenza.


"LIfe is not a problem to be solved, just a mistery to be lived"
("la vita non è un problema che va risolto, ma un mistero che va vissuto")
                                                                                                               Lou Reed, 1970

di Sergio Di Cori Modigliani

Un altro grande visionario se n'è andato. 
Personalmente parlando, da oggi, mi sento un po' più solo.
A molti, in Italia -è probabile la stragrande maggioranza delle persone di questa generazione- il suo nome dirà poco o niente. Forse qualche cinefilo accanito lo ricorda perchè il suo grande amico Wim Wenders lo ha messo nei suoi ultimi tre film, sempre a recitare se stesso.
C'è chi lo considera una grande popstar, un reietto, un drogato inutile, un cantante rock diventato famoso, un criminale, uno di moda negli ann'70, un poeta maledetto, uno di quelli, nel senso che il nome rieccheggia il successo ma uno non ricorda bene nè perchè nè quando nè come.
E' stato un grande intellettuale, un elegante musicista e un importante combattente politico libertario.
Ha scelto -come area specifica del suo esercizio- la scena del rock.
E' morto ieri l'altro all'età di 71 anni.
Era nato a Brooklyn, New York.
Si chiamava Lewis Allen Reed.
In arte Lou Reed.
I guai per lui cominciarono molto presto, nel 1958, quando aveva sedici anni, dopo aver preso la maturità. Comunicò alla famiglia di aver preso atto, nel corso dell'estate, della sua natura e dei suoi gusti sessuali: era bisex. La famiglia lo ascoltò con attenzione. Due settimane dopo lo fecero rinchiudere in un manicomio, dove venne sottoposto a un intensa cura di elettroshock per guarire quella che, allora, era considerata una infermità mentale. 
Fu l'evento traumatico della sua esistenza.
Dinanzi alla scelta: o la lobotomia oppure un trattamento intensivo di terapia psichiatrica, scelse quest'ultima. Nel corso del trattamento visse la sua epifania: un'illuminazione che gli chiarì il suo percorso. Lo psichiatra gli spiegò che lui era a lurid human being, che tradotto in italiano vuol dire "una persona socialmente oscena". L'espressione ebbe nella sua mente creativa l'effetto di un lampo chiarificatore. Invece di incorporare il concetto come colpa e avviarsi verso una garantita infelicità, ne fece il suo vanto. Come lui stesso raccontò, riuscì a fingere di essersi ravveduto e venne dimesso. Si trasferì a Manhattan, con il suo nuovo nome Lou Reed e si iscrisse all'università statale di New York dove si laureò prima in letteratura americana e poi in giornalismo investigativo. Ebbe la fortuna di incontrare lo scrittore Elmore Schwartz, celebre autore di racconti brevi, che ne intuì le grandiose potenzialità stimolandolo. E al college scopre la sua grande passione per la musica che inizia a coltivare finchè non incontra un musicista britannico, John Cale, esperto in musica barocca, che si era trasferito a Manhattan dal Galles per studiare musica classica, insieme al quale avvia, inizialmente, una serie di affascinanti esperimenti comuni nel campo della scrittura e della composizione musicale. E danno vita a un gruppo musicale originale "The Primitives" che ottiene un discreto successo. Nell'ambiente newyorchese della metà degli anni'60 i due artisti incontrano la donna che definerà il loro percorso: Maureen Tucker, una giovane borghese che era stata rinchiusa in manicomio dalla famiglia ("eccesso di indisciplina e rifiuto di rispetto delle regole del buon costume")  ed era fuggita via dall'ospedale, inseguita dal FBI. Maureen suonava da sola la batteria jazz nei locali underground dell'epoca ed era diventata un mito cult. I tre vanno a vivere insieme e formano un fortissimo sodalizio (durato dieci anni) dando vita al gruppo dei "Velvet underground". La loro storia fu la base che ispirò Ken Kesey, professore di letteratura americana all'università dell'Oregon (che aveva avuto Maureen come allieva) il quale scrisse un romanzo divenuto famosissimo "Qualcuno volò sul nido del cuculo", da cui poi il giovanissimo e ribelle Michael Douglas, quindici anni dopo, ne trasse un film che produsse dando inizio alla sua carriera.
Nel 1972 i tre vengono accolti nella Warhol factory dove danno vita a una intensa e nuova generazione di artisti, musicisti, scrittori, sostenuti e protetti da Andy Warhol che li lancia nel grande palcoscenico della cultura pop dell'epoca. E nel 1972, esce "take a walk on a wild side" (fatti una passeggiata nella zona selvaggia dell'esistenza) che li qualifica come il punto di riferimento e l'origine dei cosiddetti rock punk. L'indiscutibile merito dei Velvet Underground consiste nell'essere riusciti a coniugare la dimensione poetica musicale del rock con un aggressiva lettura sociale e con la tradizione letteraria iper-realistica, per lo più ispirata alla vita nelle strade di New York, influenzando tutti i movimenti musicali che di lì a breve sarebbero esplosi, dalla new wave al rock alternativo, dal noise al rap. Tutti, da David Bowie ai Talking Heads, dai Police a Sting hanno riconosciuto a Lou Reed la paternità della loro ispirazione musicale.
Il resto è storia nota.

Per quaranta anni, Lou Reed è sempre stato all'avanguardia delle più importanti battaglie politiche e culturali americane nel campo dei Diritti Civili e della libertà di creazione, soprattutto quelle dedicate ai temi della bio-etica. Nel 1995 scende in campo insieme a Hugh Hefner nella più importante battaglia mai lanciata dall'inventore di Playboy, quella contro il Prozac e contro gli psicofarmaci, definito da Hefner e Reed "l'anticamera d'avanguardia verso il controllo planetario delle menti attraverso la promozione dell'industria chimico-farmaceutica, lo zoccolo duro della finanza internazionale". Coadiuvato da quella che ormai era diventata una icona vivente dello star system del rock statunitense, Heffner pubblica un numero speciale di 250 pagine di Playboy interamente dedicato alla denuncia dell'uso del prozac, e soprattutto allo smascheramento degli effetti collaterali (silenziati e censurati dalla stampa mondiale) dell'anti-depressivo: il crollo della libido e il trasferimento della corrente elettrica nella mente dalla parte del cervello deputata all'eccitazione sessuale a quella interessata all'applicazione razionale e organizzata destinata al lavoro. L'azienda produttrice denuncia Heffner e Reed e chiede 100 milioni di dollari di danni. Il fondatore di Playboy contro-denuncia l'azienda e chiede 200 milioni di danni. E qui si verifica il colpo di scena. Lou Reed va in Inghilterra e convince il più importante farmacologo del mondo, un celeberrimo psichiatra irlandese, David Healy, presidente emerito della associazione britannica reale dei farmacologi, a testimoniare a loro favore. In California si scatena una battaglia epocale, con Heffner e Reed che vanno in giro a fare comizi usando uno slogan populista di grande effetto "do not take pills: you just fuck if you want to be happy" (non prendete nessuna pillola: fatevi una bella scopata se volete essere felici). E Heffner vince il processo. Il giudice impone alle industrie chimico-farmaceutiche statunitensi di scrivere nel bugiardino che "l'assunzione di tale farmaco può compromettere in maniera irreversibile il funzionamento naturale della sessualità poichè aggredisce la genesi biologica della pulsione libidica". Da allora, David Healy e Lou Reed cominciano a lavorare insieme denunciando il pericolo nella diffusione di anti-depressivi controllati, attraverso cicli di conferenze internazionali (in Italia nessuno li ha mai invitati nè voluti) che danno vita nel 2001 a un film entrato nella storia della leggenda cinefila cult "Prozac nation" interpretato da Christina Ricci, Jessica Lange, Anne Heche, Michelle Williams e diretto dall'intellettuale libertario norvegese (grandioso fotografo) Erik Skioldbjoerg. Il film è tratto dal libro della romanziera Elizabeth Wurzel che racconta la sua esperienza ventennale nella lotta contro la depressione e la sua esperienza nell'uso degli psico-farmaci. Nonostante il contratto con la Paramount, il film non verrà mai distribuito nè in Usa nè in Gran Bretagna, nè in Germania, nè in Francia nè in Italia nè in Spagna nè in Russia. Lo vedranno soltanto i canadesi, gli scandinavi, gli olandesi, gli australiani e i sudamericani. 
La sua ultima apparizione pubblica, come combattente politico per la libertà di pensiero e dell'espressione creativa, avviene nell'ottobre del 2012, in California, a Los Angeles, nel corso della presentazione dell'ultimo libro del prof. David Healy "Pharmageddon" un poderoso atto d'accusa politico contro l'industria chimico-farmaceutica, considerata la depositaria del controllo strategico delle menti occidentali per costruire una totale dipendenza e assuefazione delle persone, facendole soggiacere ai "sistemi di programmazione neurologica del marketing pubblicitario applicato scientificamente alla genesi dell'immaginario nella mente, attraverso l'induzione, il controllo della reattività e l'abbattimento della libido".
In quell'occasione, Lou Reed definì se stesso "una vecchia scoreggia" raccontando la sua storia, spiegando che aveva subìto il trapianto del fegato e il chirurgo gli aveva raccontato che aveva portato a casa il suo vecchio fegato malridotto e lo aveva regalato al gatto, ma il micio era rimasto schifato dalla quantità di tossine e si era rifiutato di mangiarlo. Disse che non gli restava molto da vivere e si considerava una persona fortunata e davvero felice, perchè era sempre stato circondato e allietato da una enorme quantità di amore, soprattutto quello della sua seconda moglie con la quale si erano fatti compagnia negli ultimi 16 anni. 
"Morirò dunque per scelta, così come ho vissuto sempre: per scelta".
Di lui, oggi, se ne parla in termini discografici, con la consueta agiografia retorica.
Ci tenevo a ricordare gli aspetti più salienti e dirompenti della sua attività e del suo travagliato percorso sulla Terra, sempre sostenuto da una grande creatività, un ingegnoso talento e una poderosa generosità civile.
La sua ricetta per combattere le asperità dell'esistenza è il suo grande lascito a tutti noi.
Take a walk on a wild side.

In memoriam di un grande artista.









sabato 26 ottobre 2013

150 anni fa nasceva il più grande e bello spettacolo al mondo. Londra lo celebra così...

di Sergio Di Cori Modigliani



150 anni fa nasceva ufficialmente, a Londra, il calcio moderno.
E' ancora oggi il più grande spettacolo di massa del pianeta, l'unico sport che si pratichi dovunque nel mondo, in grado di sollevare passioni, scatenare l'adrenalina, addirittura -in qualche caso- delle vere guerre, come nel caso di Costa-Rica che invase il Nicaragua con i carri armati, quaranta anni fa, in seguito a un rigore non concesso dall'arbitro.

L'antropologo e sociologo Desmond Morris, nel 1981, pubblicò un libro intitolato "La tribù del calcio" identificando in questo sport l'unico retaggio ancora vivo dell'epoca primitiva dei nostri antenati, decine di migliaia di anni fa, quando si viveva ancora nelle caverne. 
Secondo Morris  "gli individui umani, nel lungo cammino dell'evoluzione, si sono trasformati da "cacciatori" a "calciatori", passando attraverso attività sempre meno sanguinarie. Oggi i calciatori sono i nuovi gladiatori e, in quanto tali, in ogni caso, eccitano il livello emozionale primordiale e ancestrale della folla. Rimane il significato di caccia rituale, in cui l’arma è la palla e la preda è la porta. Il goal, ovvero l'uccisione della preda, consente di riallacciare bio-geneticamente la propria identità con memorie antichissime e primordiali dell'inconscio collettivo.....la folla della Curva non è un branco disorganizzato, ma un gruppo ben strutturato di carattere e forma tribale, i cui membri si riconoscono fra loro attraverso la comunicazione simbolica espressa dai loro abiti, dalle bandiere, dai cori, dalle liturgie, che, in una sorta di rito collettivo, sanciscono e rafforzano l'identità del branco dei tifosi". 


Venne ufficialmente fondato il 26 ottobre del 1863 da un gruppo di 8 massoni inglesi che appartenevano a una specifica loggia dedita alla pratica dello sport come momento formativo di una etica individuale e di spiritualità collettiva. Questi signori si riunirono nel quartiere di Holborn a Great Queen Street, nei locali della "Freemason's Tavern" ( di solito aperta soltanto agli aderenti) e ospitarono i rappresentanti delle 12 squadre che formarono la Football Association: 
Crystal Palace, No Names Club, Barnes Club, Percival House, Civil Service, Crusader, War Office Club, Forest of Leytonstone, Charterhouse school, Sorbiton, Blackheat Proprietary School. 
Tutti componenti di queste squadre, insieme, diedero vita all'associazione di calcio inglese che stabilì 9 regole base. 150 anni dopo sono ancora le stesse regole, alle quali ne sono state aggiunte altre 8 supplementari nell'arco dei decenni. 
Nei primissimi anni era uno sport da snob, elitario, ristretto ai massoni e agli aristocratici. Fu un sindacalista irlandese Patrick O'Malley che lo trasformò in uno sport di massa. Si giocava, infatti, come ancora avviene oggi, il sabato alle ore 15. Ma a quei tempi, a quell'ora, le fabbriche erano piene di operai e impiegati al lavoro. O'Malley cominciò ad arringare la folla pretendendo il diritto di tutti i lavoratori di poter avere accesso al calcio, sia come spettatori che come calciatori, e quindi abolire il sabato lavorativo promuovendo la settimana corta. I padroni delle fabbriche si opposero e tra il 1864 e il 1875 ci furono manifestazioni e scontri violenti con le forze dell'ordine. "il diritto al gioco del calcio" divenne la piattaforma di base dei socialisti inglesi. Il più celebre leader - tra gli intellettuali- abituato ad andare il sabato mattina, vestito con grande eleganza, davanti alle fabbriche, per sostenere la libertà di tutti nel gioco del calcio fu Oscar Wilde. 
E finalmente, alla fine degli anni'70 di quel secolo, il gioco diventa democratico e fonda un nuovo modello di socialità urbana. Nei primi piccolissimi stadi ci va tutta la famiglia, insieme ai vicini, e trascorrono allo stadio l'intero pomeriggio perchè le partite erano due: prima giocavano i pulcini (under 18) e dopo gli adulti, con lunghi intervalli durante i quali si ballava, si comiziava, si mangiava. Secondo lo psicologo Eric Berne fu proprio grazie al calcio che si diffuse la musica folk popolare anglo/irlandese. Prima di ogni partita, infatti, c'erano concerti ai quali partecipavano come spettatrici le donne e le ragazzine.
Secondo il sociologo Sennett (la più grande mente attualmente in esercizio nel campo dell'analisi della socialità di massa) la motivazione principale che giustifica il nuovo recente esplosivo trionfo del calcio in tutto il mondo, consiste nel suo ritorno alle origini tribali perchè il calcio è diventata l'unica occasione per un maschio che proviene da un ceto disagiato, e non gode di privilegi e appoggi politici, di poter aspirare a "diventare qualcuno". E' il luogo democratico per eccellenza, forse l'unica dimensione socio-lavorativa nella quale il merito e la competenza tecnica la fanno da padroni rispetto al censo. E' stato calcolato che ai prossimi campionati del mondo (Brasile luglio 2014) le partite verranno seguite da circa 5 miliardi di persone.
A Londra, il sindaco della città, per celebrare i 150 anni della fondazione della Football Association ha avuto una brillante splendida idea: ha dedicato tutte le stazioni della gigantesca e tentacolare metropolitana a un giocatore celebre, di ogni nazione. Dieci stazioni sono dedicate a giocatori italiani: Carlo Ancellotti, Fabio Capello, Roberto Mancini, Gianluca Vialli, Roberto Baggio, Paolo Maldini, Fabrizio Ravanelli, Gianfranco Zola, Roberto Di Matteo, Attilio Lombardo. Si chiama "football tube map". Il segretario federale, Alex Horne ha dichiarato ieri aprendo al pubblico le nuove stazioni agghindate a festa: "Nel corso di questi 150 anni, milioni e milioni di tifosi hanno usato la metropolitana per seguire le partite andando allo stadio. Abbiamo voluto celebrare loro, la gente comune, la vera spina dorsale di questo sport. E' un omaggio anche nei loro confronti, perchè il calcio rimane oggi l'unico luogo in cui le barriere sociali, etniche, religiose, nazionali, vengono abbattute nel nome di un'idea collettiva".

L'associazione della stampa inglese ha raccolto l'invito per gettarsi a caccia dei discendenti in giro per il mondo di quelle otto persone che il 26 ottobre del 1863 hanno dato vita a questo meraviglioso sport.

Qui di seguito pubblico l'annuncio che hanno diffuso in tutto il mondo:

To find out more about the search for living descendants of the Founding Fathers, please visit www.TheFA.com/foundingfathers and if you have any information that can assist, please email foundingfathers@thefa.com.

The Founding Fathers of football are:
Ebenezer Cobb Morley (1831-1924)
Arthur Pember (1835-1886)
Charles William Alcock (1842-1907)
Francis Maule Campbell (1843-1920)
John Forster Alcock (1841-1910)
Herbert Thomas Steward (1839-1915)
George Twizell Wawn (1840-1914)
James Turner (dates unknown)


http://www.thefa.com/News/thefa/2013/oct/descendants-founding-fathers-wembley-plaque-pember-steward-clayton#jdlLwryR2Mov78JS.99


venerdì 25 ottobre 2013

Siamo gli ultimi in Europa. Ma non è colpa delle spie: è il risultato dell'ipocrisia di Stato.



di Sergio Di Cori Modigliani

Che cosa fa, tutto il giorno, Emma Bonino nel suo ufficio?
Sarebbe bello saperlo.
E' probabile che al mattino si dedichi alla caccia dei secondi, dei minuti, delle ore. 
Cioè sta cercando di prendere tempo.
Al pomeriggio, invece, infila una comoda tuta, un giubbotto di sicurezza, un solido casco e si inerpica sulle cornici delle splendide specchiere della Farnesina. 
Cioè si arrampica sugli specchi.
La immagino così, che non sa come e quando poter dare alla nazione l'annuncio ufficiale di informazioni che ci riguardano, scritte su un foglietto che le è stato recapitato.
In un paese normale, invece di star qui a perdere tempo sulla Pascale e compagnia bella, da almeno dieci giorni l'intera nazione dibatterebbe, si confronterebbe e argomenterebbe, alla ricerca di una soluzione su un tema fondamentale, che il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri, insieme, avrebbero comunicato ufficialmente alla nazione. 
Da noi, invece, e' stato censurato, sottaciuto, nascosto.
Occultato all'attenzione generale.
Perchè da noi tutto è sempre occulto, nascosto, clandestino, opaco. Mai trasparente.
Si tratta di un aspetto puramente tecnico-formale, dotato però di una furibonda carica simbolica, che sottende una tragica sostanza che dovrebbe indurre tutti, nessuno escluso, a interrogarsi sul futuro della nostra nazione.
La notizia è la seguente: "nel rispetto della consueta procedura, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale e l'ufficio economico del Consiglio d'Europa, hanno comunicato formalmente al governo italiano che al prossimo G8 il nostro paese non parteciperà perchè non verrà contemplata la sua presenza".
Discriminazione? Complotto? Ce l'hanno con gli italiani e con l'Italia?
Assolutamente no.
Per la prima volta, dopo trentatrè anni, l'Italia -come potenza economica mondiale- viene retrocessa al decimo posto. 
E' ufficiale.
In verità lo era già da diciotto mesi. Ma grazie ad alchimie diplomatiche (chissà quello che ci deve essere costato e nessuno verrà mai a dircelo) era stato posposto, con la complicità dei brasiliani (sono loro a prendere il nostro posto) che evidentemente avevano accettato di rimandare l'evento.
Non solo.
I dati ufficiali sono impietosi: dal 2015 (praticamente domani) l'Italia non parteciperà più neppure al G10. La nona potenza ben accolta sarà la Russia, e la decima l'India.
Forse, gli italiani, prima di accorgersi dell'impatto spaventoso che questo inarrestabile trend sta provocando nella gestione collettiva degli affari di Stato, aspettano il 2020, anno in cui, continuando così, non parteciperemo neppure al G20. A quel punto, è probabile, qualcuno si sveglierà. Ma ormai, conteremo talmente poco, ma talmente poco, da non essere più in grado di far ascoltare la nostra voce. La Storia, che non fa sconti a nessuno, ci condannerà alla periferia della civiltà, identificati nel gruppo di nazioni regredite, quelle che non hanno più possibilità di riprendersi, come un malato collassato.
Nel 1949 l'Italia era distrutta. 
Povera per davvero, priva di una spina dorsale industriale funzionante, senza infrastrutture, con un analfabetismo intorno al 70%, una disoccupazione pari al 65%. 
Eravamo al 29esimo posto nel ranking mondiale.
Nel 1959, solo dieci anni dopo, un'accorta classe politica dirigente e imprenditoriale ci aveva fatto risalire fino al 12esimo. 
Nel 1969 eravamo diventati la prima industria manifatturiera d'Europa e raggiungevamo la decima posizione.
Nel 1979 eravamo ottavi.
Il 1 giugno del 1980 entravamo -e ce lo eravamo conquistati- nel cosiddetto G8.
Nel 1983 eravamo settimi.
Nel 1985 eravamo sesti.
Nel 1987 eravamo quinti.
La Gran Bretagna, la Germania, la Francia, schiumavano dall'invidia: questa piccola nazione scombiccherata era leader nel mondo in almeno 25 segmenti di mercato su 100.
E non era mitomania. Si trattava di fatti reali accertati.
Poi, l'8 novembre del 1989, è crollato il muro di Berlino ed è finita un'altra guerra europea.
Quella fredda.
Il fatto che fosse fredda non vuol dire che non fosse, pur sempre, una guerra vera e propria.
E la Storia dimostra che le nazioni in grado di riprendersi dopo una guerra, magari persa, sono quelle in grado di fare i conti con se stessi, di elaborare il lutto, di leccarsi le ferite, di approfittare dell'occasione per liberarsi dalle zavorre strutturali. Soprattutto capaci di avere una grande visione globale del nuovo ordine mondiale.
Perchè quando una poderosa guerra finisce, gli assetti geo-politici cambiano.
Dovunque è stato fatto: in Russia, in Germania, in Francia, in Gran Bretagna, in Usa.
Da noi no.
Nel 1999, dieci anni dopo, dopo una spruzzata di ipocrisia giustizialista inutile quanto spettacolare, la classe dirigente politica italiana era la stessa del 1989. Con nomi nuovi, identità fittizie, subdole manipolazioni, ma sempre la stessa era. La tendenza trasformista e doppiogiochista della nostra etnia, invece di essere dibattuta, curata e superata, per evolversi ad un livello superiore attraverso un gigantesco psico-dramma collettivo, diede vita alla struttura portante del Gran Regno d'Ipocritania. 
Si imbarcarono tutti a vicenda, altro che resa dei conti.
Nel 1999 in Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia, non esisteva nessun soggetto politico attivo nelle classi dirigenti che fosse lo stesso o affiliato o apparentato con i sistemi politici precedenti al 1989. Neppure uno.
Da Romano Prodi a Silvio Berlusconi, da Massimo D'Alema a Fabrizio Cicchitto, da Umberto Bossi a Fausto Bertinotti, da Mario Monti a Pierferdinando Casini, da Giulio Tremonti a Corrado Passera (giusto per nominare i più noti) si sono passati l'un l'altro la palla con la caratteristica (questa sì tutta italiana) di non assumersi mai nessuno (nel senso di neppure uno, una volta, magari per caso) la responsabilità di una propria colpa, un proprio errore, un proprio vizio. 
Tutte queste persone insieme hanno collaborato attivamente e consapevolmente, con macabra lucidità e serena superficialità da incoscienti infantili, al varo di un programma di regressione collettiva della nazione Italia, i cui risultati stanno sotto gli occhi di tutti. 

In un tragico (ma interessante) articolo scritto da Luciano Parente su Il sole24ore di qualche giorno fa dal titolo "Non solo Merkel: ecco perchè l'Europa ci mette sul banco degli imputati" il giornalista spiega la squallida immagine  che l'Italia offre di se stessa al resto d'Europa. Dice l'articolista: "L'Italia è pesantemente in ritardo nell'attuazione delle regole imposte a livello comunitario. Lo scorso anno sono stati 36 i nuovi dossier aperti da Bruxelles contro il nostro Paese. Il risultato peggiore dell'intera Unione europea..... a rilevarlo è il monitoraggio annuale della Commissione europea appena diffuso. Si potrebbe pensare che è il risultato negativo di un anno magari magari frutto della necessità di tamponare a livello legislativo gli effetti della crisi economica e finanziari. E invece no. Perché al nostro Paese i primati in questo senso non solo piace raggiungerli ma anche consolidarli. Già perché a fine 2012 erano ben 99 le procedure ancora aperte contro l'Italia per il "vizio" di rallentare il passo quando si tratta di rinnovare regole e metterle al passo con gli altri partner comunitari o di non rispettare le regole del diritto comunitario..... il ritardo dell'Italia emerge anche da un altro dato: il problema è avvertito non solo dai vertici della Commissione ma anche dagli stessi cittadini. Le "lamentele" che arrivano dal basso a Bruxelles riguardano prevalentemente ambiente, giustizia, mercato interno e concorrenza. Ebbene la maggior parte sono indirizzate contro l'Italia (438). Tutto questo mentre a livello complessivo l'Unione europea ha visto ridursi le procedure di infrazione ancora aperto per ritardi o mancato ricevimento. Un calo del 25% tra 2011 e 2012 (si è passati da 1775 al 1343): segnale evidente che alcuni nuovi strumenti per pungolare gli Stati adottati negli ultimi anni ed evitare lunghe querelle stanno dando i loro risultati.....il problema va ben oltre il dato numerico, perché ritardi nell'attuazione comportano una legislazione meno aggiornata su molti temi che impattano anche con la competitività del Paese e che, quindi, finiscono con il creare disparità rispetto a chi si è già adeguato....".

Se l'Italia non stesse dentro l'Europa come stato membro, gli europei non la considererebbero neppure una nazione civile. Banche con bilanci falsificati, non è stata rispettata nessuna procedura prevista già per il 2002, 2006, 2009, 2011, 2012 per ciò che riguarda il problema delle carceri, l'agricoltura, l'innovazione tecnologica, l'applicazione del reddito minimo di cittadinanza garantito (siamo soltanto due paesi in Europa a non averlo, noi e la Grecia). Se non fosse stato per l'Europa molti cittadini italiani non avrebbero mai saputo neppure che l'Ilva esisteva e che a Taranto c'era un tragico problema. Non solo. Dieci giorni fa è partita l'ultima denuncia da parte sia del Consiglio d'Europa che della Commissione Europea contro i ministri dell'ambiente del governo Monti e di quello attuale, per non aver risolto il problema rispettando la consegna europea.
La lista sarebbe lunghissima.
La responsabilità non è della Merkel, di Hollande, di Cameron o di Mario Draghi.
Se uno vuole contrattare e discutere un contratto deve poterselo permettere.
Due anni fa il governo brasiliano prese a schiaffi quello italiano rifiutandosi di consegnare l'ex brigatista Battisti, condannato per omicidio. Era una prova di forza del Brasile che (guarda caso proprio in quei giorni) vedeva per la prima volta nella Storia il proprio pil superare quello italiano. Identica vicenda con i marò indiani. L'India tiene duro per dimostrare di essere una potenza che merita di stare nel G10 scalzando l'Italia che si fa tranquillamente scalzare: abbiamo sempre qualcosa da farci perdonare.
Tutto ciò per rispondere alle continue sollecitazioni di commenti e rimbrotti di sovranisti, complottisti vari, tutti furiosamente anti-europeisti.
Non è vero che l'Europa ha fatto declinare l'Italia: è falso.
E' vero il contrario.
E' stata l'Italia, paese fondatore dell'Unione Europea, ad aver dato un solido contributo al declino dell'Europa, perchè non è stata in grado di produrre, negli ultimi 23 anni, uno straccio di classe dirigente politica e imprenditoriale che fosse un minimo presentabile e quindi in grado di poter dettare legge, Leggi, normative a favore della propria nazione e dare anche un solido e serio contributo a spostare l'ago della bilancia dalla finanza speculativa alla battaglia sui Diritti Civili, per far rispettare il sociale e gli interessi della collettività, per creare un'Europa diversa.  E i più forti e prepotenti hanno approfittato della corruzione endemica della nostra nazione per espoliarci facendo i loro interessi. Perchè mai avrebbero dovuto fare i nostri?
Quando un mese fa la Merkel si è incontrata con i "nemici" della SPD e hanno deciso insieme di fare un governo, il leader socialdemocratico le ha risposto" devo varare prima un referendum tra gli iscritti per sapere se sono d'accordo o meno". E lo ha fatto: on-line.
Quando ha avuto la cifra (il 59% erano a favore con l'elenco delle condizioni), per diciannove giorni, hanno discusso, trattato, negoziato, su sponde diverse e spesso antagoniste, con un unico obiettivo: fare gli interessi della Germania.
Se noi non siamo in grado di fare questo, non è colpa di Mario Draghi nè di Angela Merkel.
E' colpa del fatto che l'Italia non ha rappresentanza.
La nostra ultima speranza per fermare questa catastrofe già iniziata sono le prossime elezioni europee.
Da oggi  tutti dovremmo cominciare a discutere sui temi veri che ci riguardano, con l'obiettivo di spedire a Strasburgo e poi a Francoforte e Bruxelles una divisione agguerrita (una pattuglia non basta più, è troppo tardi) di italiani innamorati dell'Italia che vadano a combattere in prima linea con la consapevolezza che stanno giocando un ruolo storico decisivo.
Soprattutto definitivo.
Per cambiarla, questa Europa.
Noi italiani l'abbiamo costruita.
Noi italiani l'abbiamo distrutta.
Spetta a noi la responsabilità di rimetterla in piedi.